Negli Studi di Impatto Ambientale, quando si affronta l’analisi degli impatti previsti nella fase di cantierizzazione e di realizzazione di un’opera infrastrutturale, come ad esempio un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili, TECNOVIA dedica un’indagine specifica alla valutazione degli impatti previsti sul terreno vegetale e alle possibili tecniche di protezione del suolo applicabili a questa specifica matrice.
TECNOVIA ritiene infatti che tale aspetto sia molto importante al fine di ridurre gli impatti nella fase di realizzazione di un qualsiasi impianto.
Generalmente il terreno vegetale viene semplicemente asportato o portato in discarica, e si presta poca attenzione a questa matrice, dimenticando invece che il terreno vegetale è un vero e proprio “tesoro”, non solo per il suo valore intrinseco, ma anche perché qualsiasi terreno di “ripristino” non è paragonabile per qualità, morfologie e composizione al terreno vegetale “naturale” interessato dai lavori. In sede progettuale sarebbe necessario prevedere gli impatti sul suolo nella fase di realizzazione dell’opera, definendo, fin da subito, quali funzioni sarà chiamato a svolgere alla luce del tipo di opere di ripristino previste.
I principali obiettivi per la avere una protezione del suolo ottimale sono:
Con questi obiettivi, secondo Tecnovia sono tre i principi da adottare della protezione del suolo nei cantieri:
Il suolo in natura è frutto di una lunga e complessa azione dei fattori: i fattori della pedogenesi. Se vogliamo ripristinare un’area di cantiere e “riprodurre” un suolo il più possibile simile a quello originario ante operam, dovrà essere posta la massima cura e attenzione alle fasi di asportazione, di deposito temporaneo e di messa a riposo del materiale terroso, in previsione di un suo successivo riutilizzo.
Un suolo mantenuto di buona qualità sarà più capace di rispondere alle esigenze del progetto di ripristino, avrà un minore costo di manutenzione e necessiterà di ricorrere in misura minore a terreni provenienti dall’esterno del cantiere.
Proprio per ricostituire una copertura vegetale coerente con la situazione pre-esistente, bisognerà progettare e operare per il riutilizzo dei terreni già presenti nell’area di intervento. In questo modo la nuova infrastruttura sarà maggiormente integrata nello specifico contesto territoriale.
Gli studi sul Paesaggio sono generalmente di tipo “qualitativo”, a causa delle differenti interpretazioni soggettive e del forte limite alla stima condivisa degli impatti.
Di contro, l’impiego di metodologie quantitative anche per questa rilevante e delicata componente ambientale consente di oggettivare la percezione di qualsiasi opera o infrastruttura all’interno del contesto paesaggistico di studio, integrando il fenomeno visivo con i processi culturali dell’osservatore, anche derivanti dall’acquisizione ed elaborazione dei segni distintivi di quello specifico territorio.
Negli studi e nelle attività di ricerca e sviluppo sperimentale svolte inizialmente da TECNOVIA e successivamente dalla startup innovativa e-Kora, questi obiettivi vengono raggiunti applicando una metodologia di “analisi del paesaggio percepito” denominata LandFOV®.
LandFOV® è una procedura in grado di integrare gli aspetti strettamente visivi della percezione con l’interpretazione culturale della visione, sia a livello singolo individuo che sociale.
Questo nuovissimo strumento di analisi del paesaggio percepito, particolarmente innovativo e di sicuro interesse per il settore del permitting ambientale delle Rinnovabili, consiste in un intreccio di elaborazioni grafiche e analitiche complesse, come modelli 3D e fotosimulazioni, che portano a definire indicatori oggettivi della “percezione” del paesaggio trasformato. Tali indicatori sono il frutto di una robusta procedura matematica che rilascia risultati inconfutabili, non soggetti ad interpretazioni soggettive.
L’algoritmo proprietario LandFOV® è costruito attorno al concetto del field of view – FOV (campo di vista), ossia la porzione del mondo esterno visibile all’osservatore quando fissa un punto nello spazio.
In estrema sintesi, la metodologia LandFOV® si articola in due fasi:
Per l’elaborazione con tale metodologia sono necessari: il modello digitale del terreno, il modello 3D dell’opera oggetto di valutazione, la delimitazione dell’ambito di analisi e l’individuazione dei bersagli visivi.
I modelli elaborati dalla startup e-Kora, partecipata da TECNOVIA per esprimere il FOV sono il LandFOV-A (dove l’osservatore è virtualmente fisso in un punto e guarda in una direzione prefissata) e il LandFOV-B (dove l’osservatore ruota di 360° su se stesso spaziando in tutte le direzioni).
In questo modo è possibile, nello studio di impatto ambientale, dare una valutazione oggettiva dell’impatto sul paesaggio di un nuovo impianto, in modo da permettere al valutatore di avere dai dati l’effettivo impatto visivo dell’opera.
Tra i risultati grafici ottenibili, quelli di maggior interesse per gli operatori del settore sono la Mappa di Intervisibilità Verosimile e la Mappa degli indici di impatto.
Le immagini allegate sono un esempio di una Mappa degli indici di impatto riferita a un impianto fotovoltaico da 60 MWp.
Per la valutazione dell’impatto ambientale di un nuovo impianto o infrastruttura, la stima del contributo dato dai diversi fattori in gioco richiede sempre più un approccio basato su modelli matematici per avere informazioni quantitative e oggettive.
Tra i diversi metodi matematici possibili afferenti alle Analisi Multi Criteri (AMC), la metodologia delle Matrici a livelli di correlazione variabile dà buoni risultati interpretativi e permette, nel contempo, di prendere in considerazione anche aspetti non strettamente ambientali, come i fattori biologici e quelli antropici, che altrimenti sarebbero di difficile lettura o rappresentazione, data la loro complessità e correlazione.
Le matrici a livelli di correlazione variabile permettono di effettuare una valutazione quantitativa alquanto attendibile, significativa e sintetica. Esse mettono in relazione due liste di controllo (generalmente componenti ambientali e fattori ambientali, come ad esempio la componente Suolo e il fattore Modifiche Morfologiche), e il loro scopo principale è quello di stimare l’entità dell’impatto dell’intervento in progetto su ogni componente.
In base alle problematiche emerse dalla fase di analisi e dai suggerimenti dei professionisti del gruppo di lavoro impegnati nello studio, si procede all’individuazione dei fattori e delle componenti (suolo, ecosistema, paesaggio, ecc.).
Si sviluppano quindi tre matrici di calcolo:
Questa scelta è motivata dalla diversa tipologia ed entità degli impatti che intervengono nelle tre fasi, ed è strutturata per meglio calibrare l’approccio di stima alla reale situazione che si andrà a creare nei diversi momenti.
Poiché i risultati della metodologia che impiega i modelli matriciali sono fortemente condizionati dalle scelte operative effettuate da chi redige lo studio (magnitudo dei fattori e livelli di correlazione in primo luogo), Tecnovia, in seguito ad alcuni approfondimenti e incontri, ha definito e compilato dei questionari secondo il metodo Delphi (USAF, United State Air Force) per individuare, scegliere e pesare gli elementi significativi da impiegare nella stima, le magnitudo da attribuire ai fattori e i livelli di correlazione da assegnare alle componenti.
Lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) relativo alla realizzazione di qualsiasi opera o infrastruttura, essendo uno strumento necessario per la valutazione della sostenibilità ambientale degli effetti derivanti dall’opera, dovrebbe affiancare la progettazione sin dall’inizio del suo percorso. Per gli Studi di Impatto Ambientale delle rinnovabili – eolico e agrofotovoltaico in particolare – l’attività di progettazione congiunta tra i progettisti degli impianti e i consulenti ambientali ha dato fino a oggi ottimi risultati.
Il processo di “controllo attivo” messo a punto da Tecnovia per la valutazione quali-quantitativa degli aspetti ambientali nel quadro del SIA, può contribuire significativamente a individuare e minimizzare le interferenze negative create dalla realizzazione dell’impianto fotovoltaico, o eolico, sul sistema paesistico-ambientale locale e, allo stesso tempo, può apportare eventuali significativi miglioramenti al progetto, facilitando l’iter autorizzativo. Un tale approccio richiede un’attenta analisi degli aspetti in gioco e una corretta valutazione degli stessi e consente, meglio di altri metodi, di ottenere risultati validi e attendibili, a vantaggio della sostenibilità dell’intervento e del processo di permitting ambientale.
Gli aspetti correttivi scaturiti dal “controllo attivo” sono relativi prevalentemente al layout dell’impianto, alla sua localizzazione e alle modalità di gestione sia del cantiere sia della fase di esercizio. Anche la scelta degli indicatori ambientali risente positivamente dell’impiego del “controllo attivo”, rendendo il piano di monitoraggio più calzante alle varie esigenze.
La metodologia di lavoro messa a punto da Tecnovia richiede una stratta collaborazione tra progettisti e consulenti ambientali – in particolare per gli impianti FER – e, pur essendo più impegnativa, permette una migliore gestione degli aspetti ambientali con vantaggi significativi in merito alla diminuzione degli impatti ambientali e alla mitigazione degli stessi.