La “Giornata mondiale per la lotta alla desertificazione e alla siccità” indetta dalle Nazioni Unite con una risoluzione del 1995 si celebra ogni anno il 17 giugno. Quest’anno il tema della giornata mondiale è centrato sulla siccità: “Rising up from drought together” (Risorgere insieme dalla siccità).
La DESERTIFICAZIONE è stata definita (UNCCD – Convenzione delle Nazioni Unite per la Lotta alla Desertificazione) come il processo che porta ad un “degrado irreversibile dei terreni coltivabili in aree aride, semi-aride e sub-umide secche in conseguenza di numerosi fattori, comprese le variazioni climatiche e le attività umane”.
La desertificazione interessa circa il 5,5% del territorio italiano a causa della mancata gestione sostenibile delle risorse idriche e del patrimonio forestale, per la frequenza ed estensione degli incendi boschivi e per l’urbanizzazione. Inoltre, il 51,8% del territorio italiano, in base ad elaborazioni climatiche e pedoclimatiche, è stato considerato potenzialmente a rischio.
I fattori che influenzano il fenomeno della desertificazione sono molteplici, di tipo naturale e/o antropico. Tra questi vi è:
In generale, per contrastare il fenomeno della desertificazione bisognerebbe quindi:
TECNOVIA ha una spiccata sensibilità nel tenere conto di questi aspetti a livello di Studi di Impatto Ambientale a attraverso i miglioramenti progettuali delle opere previste; inoltre, attraverso lo studio e la progettazione delle opere di mitigazione degli impatti con tecniche di ingegneria naturalistica, soprattutto, contribuisce al controllo dell’erosione superficiale che rappresenta uno delle cause principale della desertificazione.
Le informazioni in merito alla celebrazione della giornata e i materiali della campagna sono scaricabili al link: https://www.unccd.int/2022-desertification-and-drought-day
TECNOVIA ha recentemente implementato negli standard operativi per gli Studi di Impatto Ambientale la verifica di conformità ai principi DNSH per i progetti previsti dal PNRR che sono soggetti a procedimenti di Valutazione di impatto ambientale (VIA).
Con l’emanazione, infatti, della recente Circolare n.32/2021 del MEF “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Guida operativa per il rispetto del principio di non arrecare danno significativo all’ambiente” entra nel vivo la valutazione di conformità degli interventi previsti dal PNRR al principio del DNSH (Do No Significant Harm) previsto dal Regolamento UE 2020/852.
Il DNSH fa riferimento a 6 obiettivi ambientali:
In particolare, facendo riferimento all’ultimo degli obiettivi ambientali, si arreca un danno significativo alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi se l’attività in programma nuoce significativamente alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi o nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, compresi quelli di interesse per l’UE.
Nell’ambito del PNRR gli approcci per le valutazioni DNSH sono stati di due tipi: semplificato e approfondito. Quello approfondito è relativo agli investimenti e alle riforme che ricadono nel settore dell’energia, dei trasporti, della gestione dei rifiuti o in settori che presentano un rischio maggiore di incidere su uno o più obiettivi ambientali.
Alla Circolare n.32/2021 del MEF è allegata una Guida operativa, elaborata congiuntamente al MiTE, che riporta:
Le checklist sono relative al 30 schede tecniche e, tra queste, segnaliamo nel settore energetico:
Un allegato della Guida operativa è dedicato esclusivamente ai criteri DNSH generici per l’ADATTAMENTO AI CAMBIAMENTI CLIMATICI.
Di seguito i link per scaricare i principali documenti citati:
Guida operativa per il rispetto del principio DNSH
Circolare MEF 32_2021_Checklist
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TECNOVIA, nell’ambito della definizione del Quadro di Riferimento Programmatico degli Studi di Impatto Ambientale di progetti di impianti di produzione di energia da FER, si è trovata spesso a dover affrontare questioni riguardanti la destinazione d’uso del suolo prevista dalla pianificazione e l’ammissibilità di questi impianti in terrenti a destinazione d’uso agricola.
Il legislatore ha definito di PUBBLICA UTILITA’ la realizzazione di IMPIANTI FER ed ha introdotto quindi una procedura semplificata (AUTORIZZAZIONE UNICA) per la sua autorizzazione comprendendo anche l’acquisizione contemporanea della variante urbanistica nel caso in cui non ci sia la conformità.
All’atto della definizione dell’iter burocratico da seguire per l’autorizzazione dell’impianto fotovoltaico, la domanda che molto spesso viene posta, è la seguente: E’ NECESSARIA O MENO LA VARIANTE?
Gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sono quelli della lett. c) del comma 1 dell’articolo 2 del D. Lgs. 387/2003 (fotovoltaici, eolici, …).
La normativa base di riferimento è la seguente:
Sono presenti, inoltre, gli atti pianificatori regionali che individuano i siti non idonei e la limitazione alle realizzazioni degli Impianti.
La prima questione da affrontare è quindi la LOCALIZZAZIONE DEGLI IMPIANTI che deve essere verificata rispetto agli atti pianificatori, ambientali, paesaggistici, urbanistici.
Mentre le norme sul paesaggio e l’ambiente vanno assolutamente rispettate, l’urbanistica è in qualche misura derogabile.
Al fine di accelerare e semplificare la realizzazione degli impianti di FER è stato emanato l’art 12 del D. Lgs. 387/2003 con il quale si è cercato di concentrate in una specifica conferenza dei servizi, i pareri e atti autorizzativi di tutti i soggetti aventi competenza a vario titolo: l’iter si conclude con una AU (autorizzazione unica).
Il D. Lgs. n. 28/2011, all’art. 4, ha individuato alcuni impianti valutati di minimo impatto e li ha regolamentati come EDILIZIA LIBERA e come tali implicitamente conformi alla pianificazione urbanistica, (artt. 6-bis e 7) e altri li ha sottoposti a PROCEDURA ABILITATIVA SEMPLIFICATA sottraendoli all’Autorizzazione Unica (SCIA) per la quale comunque è richiesta la conformità urbanistico-edilizia.
Il D. Lgs. 387/2003 stabilisce che per i rimanenti Impianti, valutati di maggiore impatto, soggetti ad autorizzazione unica (art 3 D. Lgs. 387/2003) – OVE NON SUSSITA LA CONFORMITA’ URBANISTICA – questi possano acquisirla in variante, in sede di Autorizzazione Unica (conferenza di servizi).
Nelle linee guida del DM. 10.09.2010 viene stabilita la documentazione minima da allegare alla richiesta di autorizzazione unica, tra cui viene elencato il certificato di destinazione urbanistica (p.to 13.1 lett. g); viene altresì specificato che il permesso di costruire confluisce nell’autorizzazione unica (p.to 7 dell’Allegato I).
L’art. 6, comma 9-bis del D. Lgs. 28/2011 (attuato solo nel 2021 col D.L. n. 77) sottrae all’autorizzazione unica gli impianti fino a 10 MW, sottoponendoli alla sola procedura semplificata, in caso che già sussista la conformità urbanistica. Da specificare tuttavia che la conformità urbanistica sussiste solo se gli impianti saranno localizzati in area a destinazione industriale, produttiva o commerciale.
In questi casi, dunque, la conformità urbanistica sussiste per legge.
E del resto, ben interpretando l’articolo 23-ter del DPR 380/01, che definisce le destinazioni d’uso e quando esse assumano rilevanza urbanistica, gli impianti di produzione di energia da FER risultano logicamente coerenti con la destinazione produttiva (lett. b del citato art. 23-for).
Il D. Lgs 387/2003 al comma 7 dell’articolo 12 stabilisce che gli impianti di cui all’articolo 2, comma 1, lett. b) e c) (gli impianti fotovoltaici appartengono alla lettera c)) POSSONO ESSERE UBICATI ANCHE IN ZONE ZONE CLASSIFICATE AGRICOLE DAI VIGENTI STRUMENTI URBANISTICI.
Le Regioni hanno poi facoltà di delimitare le zone agricole in cui non consentire la realizzazione di impianti FER (punto 17 e All. 3 delle linee guida) – zone non idonee -, ma al di fuori delle aree dichiarate non idonee dalla Regione, la possibilità prevista dal comma 7, è praticabile.
Con successivo DM 19.02.2007, all’articolo 5, comma 9 (procedure per l’accesso alle tariffe incentivanti) viene stabilito poi, che gli impianti fotovoltaici possono essere realizzati in aree classificate agricole dai vigenti piani urbanistici (come previsto dall’articolo 12 del D.Lgs. 387/2003) senza la necessità di effettuare la variazione di destinazione d’uso dei siti su cui verranno realizzati gli impianti.
Quindi, allo stato, gli impianti fotovoltaici sono compatibili per legge in zona classificata agricola.
Anche se discutibile sotto il profilo della pianificazione territoriale (a prima vista sembrerebbe incongruente che l’installazione di un impianto FTV non comporti il cambio di destinazione d’uso da rurale – come previsto dalla lettera d) articolo 23 DPR 380/01) a qualcos’altro, ma quanto riportato del DM è però esplicito e tassativo.
Da una lettura forse superficiale del DM 19.02.2007, sembrerebbe poi che la disposizione valga solo per gli impianti fotovoltaici, ma poi, nel successive DM 10.09.2010, contenente le linee guida per l’autorizzazione degli impianti FER (quindi tutti), al punto 15.3 dell’Allegato, riportante i “Contenuti essenziali dell’autorizzazione unica” dopo aver richiamato che “ove occorra, l’autorizzazione unica, costituisce di per sé variante allo strumento urbanistico” (come già riporta il D. Lgs. 387/2003), aggiunge che “gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso, l’autorizzazione unica non dispone la variante allo strumento urbanistico”.
Questo estende di fatto l’ammissibilità in zona Agricola, in assenza di variante urbanistica, a tutti gli impianti di produzione da FER ricompresi nei termini di legge.
Se tuttavia approfondiamo meglio il concetto, la realizzazione di un impianto di produzione di energia da FER è inquadrabile come USO e non come DESTINAZIONE D’USO e si tratta di COMPATIBILITA’ e non di CONFORMITA‘.
L’AREA NON DIVENTA EDIFICABILE nel senso urbanistico del termine. Non si tratta di una variante di zonizzazione, cioè di una variante di destinazione d’uso.
Non si tratta quindi di una vera e propria CONFORMITA’ URBANISTICA, ma di una COMPATIBILITA’: detto in altri termini realizzare Impianti di produzione di energia da FER su terreni agricoli non è conforme, ma può essere considerato un uso collaterale a quello prevalente, che non viene espressamente impedito per legge.
La conformità, infatti, comporterebbe l’aderenza a parametri certi e precostituiti stabiliti per legge, mentre in questo caso si parla solo di compatibilità.
SI CONSENTE QUINDI UN USO DIVERSO NON RIENTRANTE NELLA DESTINAZIONE D’USO PRINCIPALE
Nelle Norme di Attuazione, molto spesso, vengono precisati gli usi ritenuti compatibili; qui è la legge che interviene ed ammette questo tipo d’uso; tale ammissione si giustifica solo per il fatto che gli impianti di produzione di energia da FER sono stati dichiarati di pubblica utilità (con l’art. 12, co. 1, del D. Lgs. 387/2003).
L’autorizzazione unica per l’installazione ed esercizio dell’impianto di produzione di energia da FER è, come è noto, a termine, con il vincolo di ripristino dello stato presente prima della realizzazione dell’impianto, al cessare dell’esercizio.
Resta pertanto salva la destinazione d’uso originaria e si afferma che l’installazione dell’impianto è un USO TEMPORANEO DIVERSO.
Quindi durante l’esercizio dell’impianto, l’area non perde la sua destinazione d’uso agricola; la riprenderà “completamente” a cessazione e smantellamento dell’impianto; la DESTINAZIONE D’USO rimane sempre quella AGRICOLA anche durante il periodo d’uso diverso.
Come è noto, peraltro, la pianificazione urbanistica non prevede destinazioni d’uso a termine; una volta attribuita, questa resta tale a tempo indeterminato, fino a nuova variante urbanistica.
Negli Studi di Impatto Ambientale l’ANALISI DELLE ALTERNATIVE è un aspetto rilevante ai fini della valutazione e, soprattutto in relazione agli IMPIANTI DI ENERGIA RINNOVABILE come fotovoltaici ed eolici, sta assumendo sempre più un ruolo discriminante nei processi autorizzativi.
Le Linee Guida per la predisposizione dello Studio di Impatto Ambientale (Direttiva 2011/92/UE, come modificata dalla Direttiva 2014/52/UE), stabiliscono i contenuti di tale trattazione, non sempre facili da redigere e spesso non affrontati in SIA e SPA o trattati superficialmente.
La Tecnovia, grazie all’esperienza maturata in oltre 30 anni e con più di 100 tra SPA, SIA e VINCA relative a grandi opere, ha messo a punto una reportistica dedicata esclusivamente all’Analisi delle alternative che prende in esame le seguenti tre tipologie:
Nei progetti relativi alle Rinnovabili l’Analisi delle Alternative viene effettuata sia per individuare le possibili e ragionevoli soluzioni implementabili che per confrontare i potenziali impatti con quelli determinati dall’intervento.
Negli Studi di Impatto Ambientale il capitolo “Analisi delle Alternative” viene redatto ponendo particolare attenzione al minor impatto ambientale dovuto alle MANCATE EMISSIONI CO2 legate al ciclo di vita dell’impianto, con stime quantitative della CO2 equivalente non immessa in atmosfera. Per esempio, con un impianto fotovoltaico che produce 36.571 MWh all’anno di elettricità, il risparmio di CO2 equivalente immessa in atmosfera è pari a circa 15.470 Mg all’anno (con fattore di emissione pari a 423 g CO2/kWh). In tal caso, la quota stimata di emissioni di CO2 evitate sull’intero ciclo di vita dell’impianto di 30 anni è di circa 464.086 Mg.
Tali VALUTAZIONI QUANTITATIVE consentono di porre a confronto più alternative, orientando al meglio la scelta verso la produzione di Rinnovabili. Per le Alternative di localizzazione, la Tecnovia utilizza il software LandFOV della controllata startup innovativa e-Kora (www.e-kora.it) per lo studio puntuale, rapido e preciso dei diversi scenari alternativi, effettuando anche analisi spaziali e quantitative sull’effetto cumulo degli impianti
Arch. Donatella Meucci – Dott. For. Fabio Palmeri – Dott. Amb. Chiara Zanoni
Per lo Studio di Impatto Ambientale di un impianto fotovoltaico (43 MW) ci si è avvalsi dei principi e delle metodologie di BINOMIA(ecologia) DEL PAESAGGIO per valutare il deficit di trasformazione delle aree interessate dall’intervento e per individuare le MISURE DI RIEQUILIBRIO ECOLOGICO con interventi a verde e di Ingegneria Naturalistica.
Il metodo applicato è il seguente:
Il grafo definisce il sistema ambientale come combinazione di unità paesistiche differenti per struttura e funzioni, caratterizzate da gradi diversi di connessione e correlate da scambi di energia, con processi evolutivi più o meno veloci. Gli ambiti così individuati sono rappresentati nel “Grafo della Connettività della Rete” come nodi (punti vertici), e sono collegati tra loro con i legami rappresentati dai flussi in una serie di regole che indica quale legame collega quale coppia di nodi (Fabbri 2003).
Il grafo ante operam descrive le connessioni in assenza dell’impianto fotovoltaico
Gli impianti fotovoltaici, per le loro caratteristiche di costruzione, limitano le connessioni e i flussi di energia e materia del 50%.
Il grafo post-operam, in cui è inserito l’impianto fotovoltaico, fornisce indicazioni puntuali per un modello d’intervento di tipo ecologicamente sostenibile in quanto:
Sono state individuate, quindi, aree disponibili per il progetto di riequilibrio ecologico con caratteristiche funzionali atte alla completa sostenibilità ambientale:
La realizzazione dell’impianto fa registrare un deficit di Biopotenzialità Territoriale tra ante operam e post operam del 33,10%; grazie al progetto di riequilibrio ecologico, attraverso l’utilizzo e il potenziamento delle Macchie di sorgente energetica e dei Corridoi di connessione, si rileva l’aumento di alcuni indici significativi:
Metastabilità: Il valore calcolato di Metastabilità passa da 1,62 a 1,70 e quindi si ha un miglioramento della Biopotenzialità media della Rete.
Valore dei flussi di sostentamento energetico del sistema ambientale: Il valore medio aumenta permettendo un miglioramento dello spostamento di nutrienti e dell’energia di sostentamento della rete
Eterogeneità degli elementi del paesaggio: Questo valore, che è molto significativo, manifesta un aumento, in quanto con l’introduzione di nuovi elementi del paesaggio, si avranno aumenti delle specie animali e, quindi, un aumento della biodiversità dell’intera rete analizzata.
Il progetto si pone come obiettivo principale quello di realizzare un intervento a verde che si integri con il paesaggio naturale presente, che porti a ridurre le interferenze delle opere sulle condizioni ambientali attuali; si tratta non solo di una semplice riqualificazione estetico-percettiva, ma anche di aumentare la funzionalità strutturale ed ecologica del sistema della rete ecologica nell’obiettivo del riequilibrio ecologico.
Nel caso studio, tenuto conto anche delle indicazioni delle linee guida per il riequilibrio ecologico si sono individuati i seguenti interventi:
Il lavoro è stato affrontato tramite l’analisi e la valutazione delle caratteristiche del paesaggio e dell’ambiente naturale, basata sullo studio degli aspetti naturali presenti in loco e delle potenzialità proprie del sistema.
Questo approccio ha permesso di ottenere informazioni di tipo predittivo e di formulare dei possibili scenari proprio sulla base della reale vocazione del territorio.
Realizzato il progetto di riequilibrio ecologico con macchie di sorgente energetica e corridoi di connessione nelle aree individuate, si registrerà un miglioramento della biodiversità ecologica.
Concludendo si può affermare che:
La SCELTA CORRETTA DELLE SPECIE VEGETALI è una premessa fondamentale per rendere sicuri e duraturi gli interventi d’Ingegneria Naturalistica. Utilizzare piante inadatte può, infatti, portare al fallimento delle sistemazioni naturalistiche previste.
Spesso nelle aree di progetto non sono presenti le associazioni naturali originarie del luogo, per cui si fa riferimento alla vegetazione “potenziale” e in particolare agli stadi delle serie dinamiche attinenti alle diverse condizioni d’intervento.
Nella scelta delle specie ci si riferisce infatti a quelle spontanee presenti o potenziali della località oggetto dell’intervento. Le piante con larga amplitudine ecologica risultano essere particolarmente adatte: le specie arbustive sono da preferire a quelle arboree, e, nell’ambito delle erbacee, le specie delle famiglie delle graminacee e delle leguminose sono particolarmente adatte a queste tipologie di intervento.
L’uso quasi esclusivo di SPECIE AUTOCTONE, derivate da materiale di propagazione locale per evitare insuccessi o contaminazioni genetiche o ecologiche, garantisce l’idoneità alle condizioni geo-pedologiche e fitoclimatiche del luogo, fatti salvi i problemi legati al periodo stagionale di messa a dimora e alle condizioni microambientali locali.
Con il termine attitudine biotecnica si indica una pianta che si adegua agli impieghi nell’ambito dell’Ingegneria Naturalistica. Le piante messe a dimora per queste tipologie di interventi possiedono numerose PROPRIETA’ BIOTECNICHE:
In conclusione, quindi, le specie vegetali da impiegare in interventi di Ingegneria Naturalistica devono offrire una grande capacità di resistenza, una crescita rapida, una copertura diffusa, una radicazione forte e un’elevata rusticità, soprattutto per quanto riguarda le esigenze edafiche.
Nel corso della progettazione e costruzione di nuovi impianti fotovoltaici è importante prendere in considerazione i possibili interventi a verde necessari al parziale mascheramento visivo dei pannelli tenendo conto di alcune imprescindibili finalità del terreno quali il contenimento dell’erosione e la stabilizzazione delle superfici messe a nudo durante i lavori.
Si tratta, quindi, di conciliare le esigenze tecnologiche degli impianti (costruttive e gestionali) con quelle naturalistiche e paesaggistiche, con un occhio attento alla tutela della biodiversità, alla ricostruzione dell’unità degli ecosistemi e al valore ecologico, in coerenza con le potenzialità floristico-vegetazionali dell’area. Il tutto per ridurre gli impatti complessivi dell’opera.
Se gli interventi a verde non sempre possono perseguire l’obiettivo di ricostituire la vegetazione preesistente per una serie di motivi legati al corretto funzionamento degli impianti e alla loro gestione e sicurezza, come ad esempio la possibile interferenza di alberi con il corretto funzionamento del parco fotovoltaico, in alcuni casi possono rappresentare l’opportunità per favorire la naturalità dell’area mediante l’impianto di specie autoctone su superfici precedentemente occupate da formazioni artificiali (ad es. pinete artificiali, robinieti, soprassuoli con prevalenza di specie esotiche, superfici per la produzione di massa legnosa, ecc.).
Per gli impianti fotovoltaici sono schematicamente possibili numerosi interventi di mitigazione e rivegetazione, quali:
Una volta effettuate queste operazioni è indispensabile programmare interventi periodici di potatura delle specie arbustive ad altezze tali da non interferire con pannelli e per limitare le interferenze tra il nuovo impianto fotovoltaico e la vegetazione.
Adottando questi criteri nella fase di progettazione sarà possibile ridurre l’effetto visivo del nuovo impianto mantenendo nel contempo il terreno sottostante i pannelli il più possibile naturale.
Negli Studi di Impatto Ambientale, quando si affronta l’analisi degli impatti previsti nella fase di cantierizzazione e di realizzazione di un’opera infrastrutturale, come ad esempio un impianto per la produzione di energia da fonti rinnovabili, TECNOVIA dedica un’indagine specifica alla valutazione degli impatti previsti sul terreno vegetale e alle possibili tecniche di protezione del suolo applicabili a questa specifica matrice.
TECNOVIA ritiene infatti che tale aspetto sia molto importante al fine di ridurre gli impatti nella fase di realizzazione di un qualsiasi impianto.
Generalmente il terreno vegetale viene semplicemente asportato o portato in discarica, e si presta poca attenzione a questa matrice, dimenticando invece che il terreno vegetale è un vero e proprio “tesoro”, non solo per il suo valore intrinseco, ma anche perché qualsiasi terreno di “ripristino” non è paragonabile per qualità, morfologie e composizione al terreno vegetale “naturale” interessato dai lavori. In sede progettuale sarebbe necessario prevedere gli impatti sul suolo nella fase di realizzazione dell’opera, definendo, fin da subito, quali funzioni sarà chiamato a svolgere alla luce del tipo di opere di ripristino previste.
I principali obiettivi per la avere una protezione del suolo ottimale sono:
Con questi obiettivi, secondo Tecnovia sono tre i principi da adottare della protezione del suolo nei cantieri:
Il suolo in natura è frutto di una lunga e complessa azione dei fattori: i fattori della pedogenesi. Se vogliamo ripristinare un’area di cantiere e “riprodurre” un suolo il più possibile simile a quello originario ante operam, dovrà essere posta la massima cura e attenzione alle fasi di asportazione, di deposito temporaneo e di messa a riposo del materiale terroso, in previsione di un suo successivo riutilizzo.
Un suolo mantenuto di buona qualità sarà più capace di rispondere alle esigenze del progetto di ripristino, avrà un minore costo di manutenzione e necessiterà di ricorrere in misura minore a terreni provenienti dall’esterno del cantiere.
Proprio per ricostituire una copertura vegetale coerente con la situazione pre-esistente, bisognerà progettare e operare per il riutilizzo dei terreni già presenti nell’area di intervento. In questo modo la nuova infrastruttura sarà maggiormente integrata nello specifico contesto territoriale.